Livia Vipereschi nacque a Roma il 14 dicembre 1606 da Muzio e Clarice Aragonia. Fu battezzata il 21 seguente nella chiesa di S. Marco. Ebbe due fratelli: Francesco Maria, nato nel 1605 e Francesca, nata nel 1608. I genitori morirono durante la sua fanciullezza: il padre si spense nel 1612, la madre spirò nel 1619. Nel 1613 ricevette la cresima in S. Giovanni in Laterano.
A guidarla nella sua formazione umana e spirituale furono le zie paterne e materne, lo zio monsignore Marcantonio Vipereschi e il gesuita Virgilio Cepari. Fin dalla sua tenera età fu destinata ad andare in sposa al cugino Valerio Vipereschi, figlio di Scipione e Agnese Massimo, ma il matrimonio non fu celebrato per la morte del giovane. Nel corso di una grave malattia, che la condusse ad un passo dal decesso, sentì crescere interiormente il desiderio di abbracciare la vita religiosa. Rivelò le sue intenzioni al padre Cepari, che le suggerì di vivere la sua vocazione restando nella condizione di laica e impegnandosi nelle opere di devozione e carità.


Nel 1621 la sorella Francesca entrò nel monastero benedettino di S. Maria in Campo Marzio. Nel 1632 il fratello morì inaspettatamente a Corneto. Rimase sola e si trasferì nella residenza delle zie materne Olimpia e Cilla nei pressi di S. Maria Maggiore, dirimpetto alla Cappella Paolina.
Alcuni anni dopo vennero a mancare anche le zie: Olimpia morì nel 1637 e Cilla decedette nel 1640. Cominciò, allora, ad accogliere donne povere, bisognose, pericolanti e abbandonate. Il suo comportamento aperto alle persone più disagiate la accomunò a figure emergenti della Roma religiosa del tempo, in particolare ad Anna Moroni, che ricevette in casa giovanette indigenti, orfane, emarginate e fondò con l’aiuto del parroco di S. Maria in Campitelli, Cosimo Berlinsani, la Congregazione delle Convittrici del SS. Bambino Gesù allo scopo di soccorrerle, proteggerle ed educarle. Livia provò la stessa compassione per ogni persona dolente.
Presentò al Vicariato il suo progetto di carità. Opportunamente tenne distanti i suoi propositi di «distacco dal mondo» dalle inflessioni quietistiche, che stavano affiorando negli ambienti spirituali. Quando sotto la guida del suo nuovo direttore spirituale, il gesuita Ferdinando Zappaglia, iniziò a scrivere i diari della sua «illuminazione spirituale», separò la sua esperienza mistica dalla pratica di quiete e si adoperò per unire la sua vita contemplativa all’incontro con le persone sofferenti.
Respinse l’agiatezza proveniente dal suo stato di aristocratica, passò ad uno stile di vita umile e austero, intensificò le preghiere, si accostò assiduamente ai sacramenti, moltiplicò le pratiche di mortificazione, partecipò alle opere di matrice ecclesiale. Negli anni della maturità perse la vista.
Dalla sua pietà religiosa e dal suo incessante impegno di carità nacquero il Conservatorio della “SS. Concezione” all’Arco di San Vito nel 1668 e il Conservatorio del “Rifugio e di S. Maria della Clemenza” in piazza Sant’Egidio nel 1669. Entrambi accolsero le ragazze povere per proteggerle ed educarle.
Il primo adottò la regola carmelitana, restò sotto la guida di Livia fino alla sua morte avvenuta il 6 dicembre 1675, dipese dall’autorità del vicegerente ed ebbe come direttore spirituale il parroco di S. Martino ai Monti.
Il secondo fu da lei donato ai parroci di Roma.
Nel 1677 il suo corpo fu esumato dalla sepoltura comune nel Conservatorio all’Arco di Gallieno e fu trovato incorrotto. Venne deposto in una nuova cassa e interrato sotto il pavimento della chiesa dell’Immacolata Concezione interna al Conservatorio, dal lato dell’Epistola, a destra guardando l’altare maggiore. Il notaio Geremia De Rossi redasse l’istrumento dell’avvenuta traslazione e nominò Livia con il titolo di Serva di Dio.
Alla fine del secolo, l’erudito Prospero Mandosio la commemorò per la sua cultura e le sue non comuni virtù cristiane.
Il suo ricordo è ancora oggi ben presente nell’istituto da lei fondato, sito in via dell’Arco di S. Vito, 10.
(Domenico Rocciolo, Il «distacco dal mondo» di Livia Vipereschi, nobildonna romana del seicento)
Bibliografia essenziale
P. Mandosio, Bibliotheca romana sev romanorum scriptorum centuriae, II, Romae, typis Francisci de Lazaris, 1692, pp. 311-312; C. B. Piazza, Evsevologio romano overo delle opere pie di Roma, II ed., Roma, Domenico Antonio Ercole, 1698, pp. 197-198; I. Orsolini, Vita della signora Livia Vipereschi vergine nobile romana, fondatrice del Conservatorio delle Zitelle dette dell’Immacolata Concezzione della Beatiss. Vergine presso l’Arco di San Vito di Roma, Roma, per Francesco Gonzaga, 1717; P. Zovatto, Vipereschi (Livia), in «Dictionnaire de spiritualité», 16, Paris, Beauchesne, 1994, pp. 919-920; E. Patrizi, Formare donne disciplinate lontane dai pericoli del mondo. Il caso del Conservatorio della Santissima Concezione di Roma, detto delle ‘Viperesche’ (1668-1869), in Eventi e studi scritti in onore di Hervé A. Cavallera, I, a cura di H. A. Cavallera (= «Paideia», 70), Lecce, Pensa Multimedia, 2017, pp. 239-254; D. ROCCIOLO, Livia Vipereschi nobildonna e mistica romana del Seicento di prossima pubblicazione nella «Strenna dei Romanisti» e Livia Vipereschi e i suoi conservatori nella Roma nel Seicento in corso di stampa in «Claretianum».